BIBLIOTECA NAZIONALE MARCIANA DI VENEZIA
“L’amor che move il sole e l’altre stelle.”
La Divina Commedia è considerata uno dei più grandi capolavori della letteratura mondiale.
Si tratta delle tre cantiche complete, senza commenti: l’Inferno ai ff. 1r-25v, il Purgatorio ai ff. 26v-52v, e infine il Paradiso ai ff. 53r-77v, scritte in gotica italiana formale omogenea su due colonne, con un inchiostro che si è rivelato di scarsa tenuta sulla pergamena.
Sono almeno tre le mani o le botteghe che si avvicendano nella costruzione della ricca illustrazione del codice.
Oltre alle decorazioni della pagina d’apertura e ai capilettera fogliati, le carte del manoscritto accolgono più di duecento scene illustrative che seguono il testo narrativamente. Molto conosciuta la raffigurazione di Lucifero inserita a piena pagina alla fine dell’Inferno, che caratterizza il manoscritto, il quale si presenta ben miniato e prezioso.
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Dante racconta un viaggio immaginario nell’Aldilà, che inizia il Venerdì Santo del 1300. Smarritosi in una “selva oscura”, simbolo della perdita spirituale, viene salvato da Virgilio, che lo guida attraverso Inferno e Purgatorio. Poi è accompagnato da Beatrice, simbolo della Grazia divina, attraverso il Paradiso.
Il viaggio rappresenta il cammino dell’anima verso la salvezza e la beatitudine eterna.
INFERNO
Dante attraversa i 9 cerchi dell’Inferno, dove i dannati scontano pene eterne secondo i peccati commessi in vita (lussuria, tradimento, violenza, frode…). Nel centro dell’Inferno si trova Lucifero, immerso nel ghiaccio.
Dante e Virgilio escono “a riveder le stelle”.
PURGATORIO
La montagna del Purgatorio è divisa in 7 cornici, ognuna dedicata a un peccato capitale da purificare. Le anime, pentite, espiano le colpe e possono salire verso Dio. In cima, Dante incontra Beatrice nel Paradiso Terrestre.
PARADISO
Guidato da Beatrice, Dante sale attraverso i 9 cieli del Paradiso, abitati da anime beate (santi, teologi, eroi…). Nel decimo cielo, l’Empireo, Dante ha la visione di Dio, colto come luce e amore purissimo.
Questo manoscritto ha fatto un viaggio di andata e ritorno Venezia-Parigi-Venezia, conseguenza delle invasioni del suolo italiano da parte di stati stranieri prima dell’unità d’Italia.
II dotto patrizio veneziano Gianfrancesco Loredan (1607-1661) donò questa Commedia ai Benedettini di San Giorgio Maggiore di Venezia. Caduta la Repubblica, nel 1797, il codice andò ad arricchire la Biblioteca di Parigi, dove ebbe i timbri rossi della nuova proprietà. La restituzione avvenne nel 1816, nel frattempo però il monastero era stato soppresso in seguito ai decreti del Regno Italico. Il manoscritto divenne così parte del patrimonio della Biblioteca di San Marco.
È un codice lussuoso, ha tutte le pagine miniate, con le miniature che mutano dall’uso del colore intenso al puro disegno.
Si inserisce con coerenza in quell’ambiente veneto degli ultimi decenni del Trecento che mostra elementi compositi: una narratività erede dell’arte bolognese ed emiliana, e la raffinatezza del disegno che conosce le cadenze lombarde.
La Divina Commedia, uno dei grandi capolavori dell’umanità, si presta a diversi livelli di interpretazione, da quello più immediato a quello più segreto ed esoterico. Questo potrebbe essere una conseguenza della presunta appartenenza di Dante, assieme al suo maestro Cavalcanti, ad una società segreta erede dell’Ordine Templare, i Fedeli d’Amore. Beatrice non è solo la persona amata ma la Sapienza, la Vera Luce.
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